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Cass. civ., 17 dicembre 2015 n. 25395
Il datore non può essere riconosciuto sempre responsabile in relazione a un infortunio avvenuto al dipendente in azienda. In modo particolare quando l’evento sia stato del tutto imprevedibile e frutto di una sfortunata coincidenza.
Cass. civ., 15 dicembre 2015 n. 25260
Alla società privata che si occupa di trasporto pubblico si applicano le regole previste per i rapporti di lavoro di natura privatistica. E quindi le mancate pause e riposi spettanti ai prestatori vanno risarciti.
Cass. civ., 10 dicembre 2015 n. 24938
È legittima la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e anche dalla retribuzione (per 4 giorni), per «scarsa diligenza», del portalettere che in più occasioni torna in ufficio con un quantitativo eccessivo di corrispondenza e stampe non consegnate.
Cass. civ., 10 dicembre 2015 n. 24935
Il datore di lavoro che ordini al lavoratore di mettere le proprie energie lavorative a disposizione di un terzo, senza accertare in quali condizioni il lavoro debba essere prestato e in mancanza di qualsiasi formazione, è responsabile dell’infortunio occorso al dipendente a titolo di responsabilità extracontrattuale, in solido con la responsabilità contrattuale del datore di lavoro effettivo.
Cass. civ., 7 dicembre 2015 n. 24809
Ai fini della valutazione della legittimità del licenziamento, il giudice deve comunque verificare la riconducibilità del fatto addebitato alla nozione di giusta causa di cui all’articolo 2119 del Cc, anche prescindendo dalle previsioni del contratto collettivo, che hanno natura meramente esemplificativa; in ossequio al principio generale di ragionevolezza e di proporzionalità, il giudice deve valutare se il fatto addebitato sia di entità tale da legittimare il recesso, tenendo conto altresì dell’elemento intenzionale che ha sorretto la condotta del lavoratore.
Cass. civ., 4 dicembre 2015 n. 24730
Ai fini dell’intervento del fondo di garanzia, una volta che il credito del lavoratore sia stato definitivamente ammesso al passivo della società sottoposta a procedura concorsuale, l’Inps non può contestare tale accertamento, che vincola l’Istituto sia che abbia partecipato alla procedura concorsuale (in tal caso lo stato passivo munito di esecutività ha forza di cosa giudicata anche nei suoi confronti), sia che a essa sia rimasto estraneo.
Cass. civ., 2 dicembre 2015 n. 24530
Non configura giusta causa di licenziamento la condotta del dipendente addetto a un grande magazzino per la vendita al pubblico, di lunga anzianità lavorativa e privo di precedenti disciplinari, che abbia sottratto un bene di valore trascurabile e lo abbia consegnato solo dopo una verifica nella quale aveva negato di averlo rubato, in quanto comportamento facilmente spiegabile con la preoccupazione per le conseguenze del gesto probabilmente commesso senza premeditazione
Cass. civ., 25 novembre 2015 n. 24063
Legittimo il precetto contro la capogruppo di un'associazione temporanea di imprese (Ati) per crediti da lavoro maturati dal dipendente di una delle associate.
Cass. civ., 23 novembre 2015 n. 23837
Alla condanna del datore di lavoro al risarcimento dei danni per mobbing (o demansionamento), non segue automaticamente anche quella per «danno esistenziale»: il dipendente è tenuto a provare l'effettivo cambiamento nelle abitudini di vita, che dunque non può presumersi proprio per il carattere «personale» della fattispecie di danno.
Cass. civ., 19 novembre 2015 n. 23698
In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo il rispetto dei criteri di buona fede e correttezza non può spingersi fino a imporre al datore di lavoro una scelta organizzativa, ancorché transeunte, tale da incidere, sia pure in maniera modesta, sulle decisioni organizzative che appartengono sempre alla sua sfera di libertà di iniziativa economica tutelata dall'articolo 41 della Costituzione. Nel caso in cui il demansionamento rappresenti l'unica alternativa praticabile al licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il datore di lavoro ha l'onere di rappresentare al lavoratore la possibilità di assegnazione a mansioni inferiori compatibili con il suo bagaglio professionale; non è necessario un patto di demansionamento o una richiesta in tal senso del lavoratore coeva al licenziamento.
Cass. civ., 19 novembre 2015 n. 23694
In tema di indennità prevista per il caso di trasformazione in tempo indeterminato del contratto a termine, la norma introdotta dall'articolo 28 del Dlgs 81/105 ha natura sostanziale e rappresenta una nuova disciplina dell'istituto. Ne deriva che essa è irretroattiva e si applica solo ai contratti di lavoro stipulati dopo la sua entrata in vigore, così perdurando l'applicazione della pregressa disciplina di cui all'articolo 32 della legge 183/2010 ai giudizi pendenti relativi ai contratti precedenti
Cass. civ., 19 novembre 2015 n. 23687
Gli ingegneri e gli architetti non possono pretendere di andare in pensione - pur in regola con l'anzianità anagrafica e con quella contributiva - se per un periodo lavorativo sono stati iscritti contemporaneamente presso l'Inarcassa e l'Enasarco. Quanto versato, quindi, a titolo volontario finisce per vanificare l'anzianità contributiva obbligatoria della Cassa. Ai sensi dell'articolo 2 della legge 1046/1971, in costanza di iscrizione ad altra gestione previdenziale obbligatoria, ancorché diretta al conseguimento di un trattamento pensionistico integrativo, è preclusa l'iscrizione a Inarcassa (con conseguente inefficacia dei contributi eventualmente versati durante il periodo della doppia contribuzione), senza che assuma rilievo il criterio della prevalenza dell'attività svolta.
Cass. civ., 19 novembre 2015 n. 23686
Il licenziamento ingiurioso o vessatorio, lesivo della dignità e dell'onore del lavoratore, che dà luogo al risarcimento del danno ulteriore rispetto alla liquidazione forfetaria ex lege prevista dall'articolo 18 della legge 300/1970, ricorre soltanto in presenza di particolari forme o modalità offensive o di eventuali forme ingiustificate e lesive di pubblicità date al provvedimento, le quali vanno rigorosamente provate da chi le adduce, unitamente al lamentato pregiudizio.
Cass. civ., 17 novembre 2015 n. 23487
Nessuna discriminazione per i dipendenti a tempo determinato. Il salario incentivante, a meno di «ragioni obiettive», deve essere corrisposto anche a chi ha un contratto a termine. Cass. civ., 5 novembre 2015 n. 22635 Riconosciuto il danno biologico con il solo demansionamento senza che debba esserci anche il mobbing.
Cass. civ., 7 ottobre 2015 n. 20068
A seguito della riforma Fornero, l'impugnazione del licenziamento, per essere efficace, è sottoposta ad un doppio termine di decadenza. In particolare, il secondo termine, quello di 180 giorni per il deposito del ricorso in cancelleria, inizia a decorre dal momento in cui il lavoratore ha adempiuto al primo onere, quello di impugnare il licenziamento entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione da parte del datore. Senza dunque attendere la data di «perfezionamento» per effetto della sua effettiva ricezione da parte del datore.
Cass. civ., 1 ottobre 2015 n. 19626
L'amministrazione non può dichiarare decaduto il contratto di lavoro con cui è stato assunto un soggetto in funzione dell'annullamento in autotutela del bando di gara.
Cass. civ., 29 settembre 2015 n. 19304
In assenza di una chiara dimostrazione della finalità solidaristica, l'esistenza di un legame sentimentale non è un motivo sufficiente per considerare a titolo gratuito il rapporto di lavoro svolto in favore del partner.
Cass. civ., 29 settembre 2015 n. 19300
L'agente legato alla banca per svolgere intermediazione finanziaria non può pretendere un'indennità a titolo di recesso per giusta causa ove l'istituto di credito non abbia agito secondo i consigli del professionista.
Cass. civ., 16 settembre 2015 n. 18165
La qualifica di dirigente segue di necessità alla attribuzione di ruoli comportanti un alto grado di professionalità ed autonomia nel perseguimento degli scopi aziendali e dunque non può essere subordinata all'obbligo di una formale investitura da parte dei vertici aziendali.
Cass. civ., 9 settembre 2015 n. 17932
Sebbene ai fini del riconoscimento del danno, anche patrimoniale, da demansionamento, è sempre necessaria la prova del pregiudizio subito, tale prova può essere anche presuntiva, non costituendo le presunzioni un mezzo di rango secondario nella gerarchia degli strumenti di prova, ben potendo pertanto essere impiegate anche in via esclusiva dal giudice per la formazione del suo convincimento
Cass. civ., 9 settembre 2015 n. 17892
Per il personale della scuola, i commi 1 e 2 dell’articolo 4 della legge 124/1999 - che prevedono, rispettivamente, la supplenza annuale e temporanea del personale docente e (per il richiamo operato dal successivo comma 11 dello stesso articolo 4) del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (Ata) - si riferiscono ai soli, posti vacanti e non vacanti ma disponibili di fatto, che siano previsti nella pianta organica formata dal Ministero. Invece, per i posti non previsti in pianta organica, perché individuati dagli organi dell’istituto scolastico all’inizio di ciascun anno scolastico in considerazione degli iscritti, si applica il comma 3 dell’articolo della stessa legge, che disciplina la supplenza temporanea.
Cass. civ., 9 settembre 2015 n. 17837
Ai fini del superamento del periodo di comporto contrattuale, che legittima il licenziamento per giustificato motivo soggettivo, la normativa legale non distingue tra assenze per malattia e assenze per infortunio, se tale sommatoria non sia anche espressamente esclusa dalla disciplina pattizia.
Cass. civ., 8 settembre 2015 n. 17777
In caso di licenziamento illegittimo, il ritardo nel pagamento dell'indennità sostitutiva, scelta dal lavoratore in luogo del reintegro, non può dar luogo ad alcun obbligo retributivo da parte del datore in quanto il rapporto di lavoro deve ritenersi estinto al momento dell'opzione.
Cass. civ., 3 settembre 2015 n. 17516
La cessione di manodopera tra società - anche se fittizia - comporta che sotto il profilo contributivo l'adempimento rimanga a carico della società di reale appartenenza, avendo quest'ultimo effetto satisfattivo dell'obbligazione contributiva.
Cass. civ., 1 settembre 2015 n. 17376
Licenziabile il direttore di banca che conceda prestiti senza espresse garanzie e che permetta a terzi estranei alla banca di accedere a un terminale lasciato acceso.
Corte di Cassazione, 3 dicembre 2014 n. 25608
È illegittimo, perché sproporzionato, il licenziamento del cassiere di banca che durante la contabilizzazioni di un prelievo allo sportello di 2mila euro addebiti per errore la somma sul conto corrente di un altro cliente.
Corte di Cassazione, 26 novembre 2014 n. 25162
Il divieto di accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità del dipendente, di cui all’articolo 5 della legge 300/1970, non preclude che le risultanze delle certificazioni mediche prodotte dal lavoratore, e in genere degli accertamenti di carattere sanitario, possano essere contestate anche valorizzando ogni circostanza di fatto - pur non risultando da un accertamento sanitario - atta a dimostrare l’insussistenza della malattia o la non idoneità di quest’ultima a determinare uno stato di incapacità lavorativa, e quindi a giustificare l’assenza del lavoratore.
Corte di Cassazione, 24 novembre 2014 n. 24948
L'aver lasciato al suo posto un collaboratore scolastico accusato di violenza sessuale nei confronti di una propria alunna non impedisce all'amministrazione di comminare il licenziamento disciplinare una volta intervenuta la condanna.
Corte di Cassazione, 21 novembre 2014 n. 24845
ILa contumacia integra un comportamento neutrale cui non può essere attribuita valenza confessoria e, comunque non contestativa, dei fatti allegati dalla controparte, che resta onerata della relativa prova. Ai fini della tempestività della contestazione non rileva la tardività della costituzione in giudizio, ponendosi un problema di preclusioni alla contestabilità solo sul presupposto (non configurabile nel solo fatto della contumacia) della rilevanza di un originario atteggiamento di non contestazione.
Corte di Cassazione, 18 novembre 2014 n. 24668
Legittimo il licenziamento del dipendente di banca che abbia divulgato informazioni riservate relative ad un proprio cliente .
Corte di Cassazione, 11 novembre 2014 n. 23984
L'esenzione dal pagamento del contributo di mobilità si applica nella sola ipotesi in cui il licenziamento collettivo sia disposto dagli organi di una procedura concorsuale.
Corte di Cassazione, 28 ottobre 2014 n. 22835
Deve essere riconosciuto al vincitore di un concorso per dirigente il risarcimento del danno subito per la tardiva assegnazione alle nuove mansioni. Tale situazione tuttavia non integra un'ipotesi di demansionamento.
Corte di Cassazione, 28 ottobre 2014 n. 22827
Le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili a sue imperizia, negligenza ed imprudenza, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure protettive venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente per l'imprenditore all'eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare l'esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri dell'abnormità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell'evento, essendo necessaria, a tal fine, una rigorosa dimostrazione dell'indipendenza del comportamento del lavoratore dalla sfera di organizzazione e dalle finalità del lavoro, e con esse, dell'estraneità del rischio affrontato a quello connesso alle modalità ed esigenze del lavoro da svolgere.
Corte di Cassazione, 24 ottobre 2014 n. 22690
Deve essere esclusa la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato se manca il requisito della subordinazione quale vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale discende dalla emanazione di ordini specifici, oltre che dall'esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo della esecuzione delle prestazioni lavorative.
Corte di Cassazione, 22 ottobre 2014 n. 22280
Non deve risarcire il dipendente che scivolando su una matita caduta in terra riporta lesioni permanenti. L'attività lavorativa non ha esposto il dipendente ad un rischio tale da chiamare in causa la copertura assicurativa.
Corte di Cassazione, 17 ottobre 2014 n. 22063
Il lavoratore non ha dunque diritto alla corresponsione delle retribuzioni maturate dalla data delle dimissioni a quella della riammissione al lavoro, atteso che la retribuzione presuppone la prestazione dell'attività lavorativa, onde il pagamento della prima in mancanza della seconda rappresenta un'eccezione che, come nelle ipotesi di malattia o licenziamento non sorretto da giusta causa o giustificato motivo, deve essere espressamente prevista dalla legge; di conseguenza, nel caso di annullamento delle dimissioni le retribuzioni spettano dalla data della sentenza che dichiara la loro illegittimità.
Corte di Cassazione, 9 ottobre 2014 n. 21229
Il licenziamento è illegittimo se si fonda su una sentenza penale di proscioglimento.
Corte di Cassazione, 16 settembre 2014 n. 19497
E’ illegittimo il licenziamento del dipendente allocato in una sede estera e che rientra in Italia per trascorrere le ferie, anche se il ritorno in patria gli fa perdere il diritto di tornare all'estero.
Corte di Cassazione, 9 settembre 2014 n. 18965
Il risarcimento del danno per avvenuto demansionamento deve essere determinato dal giudice in via equitativa tenendo conto della durata dello stesso.
Corte di Cassazione, 4 settembre 2014 n. 18678
E’ legittimo il licenziamento del lavoratore che fa numerose assenze per malattia nei giorni strategici quando rende una prestazione lavorativa non sufficiente e proficuamente utilizzabile dall'azienda anche se non ha superato il periodo di comporto.
Corte di Cassazione, 9 luglio 2014 n. 15723
Nelle controversie relative ai rapporti di lavoro parasubordinati è competente il foro ove l'agente ha il proprio domicilio e non quello in cui eserciti la propria prestazione.
Corte di Cassazione, 7 luglio 2014 n. 15437
Il diritto di indire assemblee rientra tra le prerogative attribuite non solo alla RSU considerata collegialmente, ma anche a ciascun componente della stessa, purché eletto nelle liste di un sindacato che, nella azienda di riferimento, sia di fatto dotato di rappresentatività ai sensi dell’art. 19 dello statuto dei lavoratori.
Corte di Cassazione, 7 luglio 2014 n. 15432
In materia di appalti pubblici, in caso di ritardo nel pagamento di retribuzioni o contributi ai lavoratori dipendenti dell’appaltatore o subappaltarore, non trovando applicazione la previsione di cui all’art. 29 del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, i lavoratori devono avvalersi degli speciali strumenti di tutela previsti dagli artt. 4 e 5 del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»), oppure, in via residuale, della tutela prevista dall’art. 1676 cod. civ.
Corte di Cassazione, 4 luglio 2014 n. 15296
ai contributi dovuti agli enti previdenziali dai lavoratori e datori di lavoro, relativi a periodi anteriori all’entrata in vigore della legge 8 agosto 1995, n. 335 (che ha ridotto il termine prescrizionale da dieci a cinque anni) e per i quali, a tale data, non sia ancora integralmente maturato il quinquennio dalla scadenza, il precedente termine decennale di prescrizione può operare solo nel caso in cui sia intervenuta una denuncia nel corso del quinquennio dallo loro scadenza.
Corte di Cassazione, 19 giugno 2014 n. 13954
Ha diritto al risarcimento del danno il lavoratore che risulti affetto da ernia del disco qualora si dimostri che tale patologia sia intervenuta a causa di manovre pensanti che ha dovuto compiere nello svolgimento delle proprie mansioni.
Corte di Cassazione, 18 giugno 2014 n. 13863
Il diritto soggettivo del lavoratore ad essere promosso ad una categoria, grado o classe superiore presuppone una disciplina collettiva che garantisca l'avanzamento come effetto immediato di determinate condizioni di fatto, delle quali sia accertata l'esistenza prescindendo da ogni indagine valutativa del datore di lavoro; pertanto, nell'ipotesi in cui la disciplina collettiva in tema di promozioni rimetta il giudizio di merito, sulle attitudini e le capacità professionali, esclusivamente al datore di lavoro, il giudice, nel rispetto della libertà di iniziativa economica garantita dall'articolo 41 della Costituzione, non può sostituirsi al datore medesimo.
Corte di Cassazione, 18 giugno 2014 n. 13860
Il lavoratore che presenti dinnanzi al Tribunale del lavoro un ricorso lamentando la sussistenza di un danno derivante dallo svolgimento dell'attività lavorativa deve dimostrare non solo l'esistenza di tale danno ma anche la nocività dell'ambiente di lavoro ed il nesso causale fra i due elementi.
Corte di Cassazione, 18 giugno 2014 n. 13854
Ai fini dell’esenzione dell’invalido civile dalla partecipazione alla spesa sanitaria, la domanda alla ASL, prevista dall’art. 12 della legge n. 181 del 1982, costituisce formalità necessaria per consentire all’amministrazione la verifica dei presupposti per la concessione del beneficio, la cui attribuzione, in difetto di diversa indicazione normativa, decorre dalla data di presentazione della domanda stessa.
Corte di Cassazione, 12 giugno 2014 n. 13335
Una volta appurato che lo scopo della clausola di durata minima è quello di soddisfare l'interesse della datrice di lavoratore ad assicurarsi la collaborazione del dirigente e di garantire a quest'ultimo la continuità della prestazione lavorativa attraverso la preventiva rinuncia della parte datoriale a recedere unilateralmente dal rapporto di lavoro, il limite a tale rinuncia non può che essere identificato nella sussistenza di una giusta causa di recesso, cioè di una ragione che comporti il venir meno del vincolo fiduciario. Diversamente il limite verrebbe ad identificarsi con qualunque ipotesi imputabile al dirigente a prescindere dall'esistenza di una giusta causa di recesso legittimante la deroga alla garanzia della stabilità minima del rapporto prevista dal contratto, la qualcosa vanificherebbe, da un lato, le predette finalità di garanzia perseguite con la clausola in esame e, dall'altra, rischierebbe di avallare il ricorso ad una sorta di responsabilità oggettiva al di fuori delle ipotesi espressamente previsti dalla legge.
Corte di Cassazione, 10 giugno 2014 n. 13060
L'ottemperanza del datore di lavoro all'ordine giudiziale di riammissione in servizio a seguito di accertamento della nullità dell'apposizione di un termine al contratto di lavoro implica il ripristino della posizione di lavoro del dipendente, il cui reinserimento nell'attività lavorativa deve quindi avvenire nel luogo e nelle mansioni originarie, atteso che il rapporto contrattuale si intende come mai cessato e quindi la continuità dello stesso implica che la prestazione deve persistere nella medesima sede; resta salva la facoltà del datore di lavoro di disporre il trasferimento del lavoratore ad altra unità produttiva, ma in tal caso devono sussistere le ragioni tecniche, organizzative e produttive richieste dall'art. 2103 c.c. In difetto, la mancata ottemperanza a tale provvedimento da parte del lavoratore trova giustificazione sia quale attuazione di un'eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.), sia sulla base del rilievo che gli atti nulli non producono effetti, non potendosi ritenere che sussista una presunzione di legittimità dei provvedimenti aziendali che imponga l'ottemperanza agli stessi fino ad un contrario accertamento in giudizio.
Corte di Cassazione, 6 giugno 2014 n. 12806
La sanzione espulsiva deve considerarsi del tutto proporzionata alla gravità dell'addebito di assenza ingiustificata dal servizio per un lungo periodo, in quanto si tratta di un inadempimento che è indice di grave insubordinazione da parte di una lavoratrice che, data la sua considerevole anzianità di servizio e lo svolgimento di attività sindacale, era consapevole delle conseguenze della propria azione.
Corte di Cassazione, 4 giugno 2014 n. 12563
Il datore di lavoro non ha l'onere di avvertire preventivamente il lavoratore della imminente scadenza del periodo di comporto per malattia al fine di consentirgli di esercitare, eventualmente, la facoltà di chiedere un periodo di aspettativa come previsto dal contratto collettivo. Invero, sul datore di lavoro non grava alcun onere di comunicazione, non potendo lo stesso desumersi dagli artt. 52 e 53 del T.U. n. 1124 del 1965, concernenti la comunicazione iniziale dell'infortunio da parte dell'assicurato al datore di lavoro e la denuncia da parte di quest'ultimo all'Inail.
Corte di Cassazione, 27 maggio 2014 n. 11832
in caso di trasferimento di azienda, il giudizio instaurato dal lavoratore è diretto ad accertare la non ravvisabilità di un ramo di azienda e pertanto, l'inefficacia del passaggio automatico alle dipendenze del cessionario, poichè quest'ultimo potrebbe offrire meno garanzie rispetto al cedente.
Corte di Cassazione, 26 maggio 2014 n. 21242
In tema di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, l'attività di formazione del lavoratore, alla quale è tenuto il datore di lavoro, non è esclusa dal personale bagaglio di conoscenze del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa, o per il travaso di conoscenze che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro. L'apprendimento insorgente da fatto del lavoratore medesimo e la socializzazione delle esperienze e delle prassi di lavoro non si identificano e tanto meno valgono a surrogare le attività di informazione e di formazione legislativamente previste, le quali vanno compiute nella cornice formalizzata prevista dalla legge.
Corte di Cassazione, 14 maggio 2014 n. 10413
Nel regime regolato dagli art. 3 e 38 del d.P.R. n. 1032 del 1973, per la determinazione dell’indennità di buonuscita dei dipendenti pubblici che non abbiano conseguito la qualifica dirigenziale, va considerato, quale base di calcolo, lo stipendio della qualifica di appartenenza e non quello corrisposto per l’esercizio temporaneo, in posizione di reggenza, delle mansioni per la superiore qualifica di dirigente.
Corte di Cassazione, 11 febbraio 2014 n. 3027
Le somme spettanti a titolo di risarcimento danni per violazione dei molteplici obblighi facenti carico al datore di lavoro, hanno natura retributiva solo quando derivino da un inadempimento, il quale, pur non riguardando direttamente l'obbligazione retributiva, tuttavia incida immediatamente su di essa in quanto determini la mancata corresponsione di compensi dovuti al dipendente. Viceversa, le attribuzioni patrimoniali che il lavoratore riceve, come nel caso di cui all'art. 32, comma 5, della legge n. 183 del 2010, a titolo di risarcimento del danno per violazione degli altri obblighi del datore, sebbene siano anch'esse dipendenti dal rapporto di lavoro non hanno natura retributiva. Ne deriva che sull'indennità ex art. 32 della citata legge n. 183 non spettano né la rivalutazione monetaria, né gli interessi legali, se non dal momento della pronuncia giudiziaria dichiarativa dell'illegittimità della clausola appositiva del termine al contratto di lavoro subordinato.
Corte di Cassazione, 3 febbraio 2014 n. 2298
Nei licenziamenti collettivi il datore di lavoro è obbligato ad indicare i criteri seguiti in modo trasparente rendendo immediatamente possibile una verifica delle scelte fatte da parte di dipendenti, sindacati e organi amministrativi coinvolti nell'accordo.
Corte di Cassazione, 30 gennaio 2014 n. 2055
E’ errata la pronuncia del Giudice di merito che, chiamato ad accertare la eventuale configurabilità della natura simulata del piano di inserimento professionale, in realtà dissimulante un rapporto di lavoro di natura subordinata, ignori del tutto il dato, provato in giudizio, della prestazione dell'attività lavorativa subordinata, da parte del lavoratore ed in favore di quella parte datoriale, già prima dell'inserimento del medesimo nel piano predetto.
Corte di Cassazione, 28 gennaio 2014 n. 1725
In caso di licenziamento illegittimo, il datore non può detrarre dal risarcimento del danno il trattamento pensionistico percepito dal lavoratore non potendo ritenersi tale attribuzione acquisita, se non in modo apparente e del tutto precario, al suo patrimonio.
Corte di Cassazione, 17 gennaio 2014 n. 902
In materia di licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo determinato da ragioni inerenti all'attività produttiva - nella quale rientra il licenziamento conseguente alla soppressione del posto di lavoro - il datore di lavoro ha l'onere di provare, con riferimento alla capacità professionale del lavoratore ed alla organizzazione aziendale esistente all'epoca del licenziamento, anche mediante elementi presuntivi o indiziari ovvero attraverso fatti positivi, l'impossibilità di adibire utilmente il lavoratore in mansioni diverse da quelle che prima svolgeva o in posti di lavoro confacenti alle mansioni dallo stesso svolte, giustificandosi il recesso solo come extrema ratio.
Corte di Cassazione, 17 gennaio 2014 n. 898
Il mobbing è integrato dalla condotta del datore di lavoro consistente, in violazione degli obblighi di protezione di cui all'art. 2087 c.c., in reiterati e prolungati comportamenti ostili, di intenzionale discriminazione e persecuzione psicologica, con mortificazione ed emarginazione del lavoratore, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità. Ai fini della configurabilità di una siffatta condotta assumono, pertanto, rilievo elementi quali la molteplicità dei comportamenti a carattere persecutorio illeciti, o anche leciti se singolarmente considerati, posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; l'evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; il nesso eziologico tra la condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico e il pregiudizio all'integrità psico-fisica del lavoratore; la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio.
Corte di Cassazione, 13 gennaio 2014 n. 471
L'atto di intimazione del licenziamento per superamento del periodo di comporto, che non precisi le assenze in base alle quali sia ritenuto superato il periodo di conservazione del posto di lavoro, attribuisce al lavoratore, il quale ha l'esigenza di poter opporre propri rilievi specifici, la facoltà di chiedere alla parte datoriale la specificazione di tale aspetto fattuale delle ragioni del licenziamento. Ove, invece, il lavoratore abbia direttamente impugnato il licenziamento, il datore di lavoro può precisare in giudizio i motivi di esso ed i fatti che hanno determinato il superamento del periodo di comporto, non essendo in ciò ravvisabile una integrazione o modificazione della motivazione del recesso.
Corte di Cassazione, 27 novembre 2013 n. 26516
Non si può configurare un'ipotesi di dimensionamento nel semplice fatto che un primario sia stato allontanato dal reparto in cui da tempo operava per essere stato nominato dirigente di un dipartimento dove veniva di fatto lasciato inoperoso.
Corte di Cassazione, 26 novembre 2013 n. 26327
Non può essere licenziato il dipendente che scarica gratuitamente programmi direttamente dal pc d'ufficio anche se l'azienda non aveva autorizzato l'installazione.
Corte di Cassazione, 21 novembre 2013 n. 26143
E’ legittimo il licenziamento di chi registra le conversazioni dei colleghi a loro insaputa: tale comportamento integra una evidente violazione del diritto alla riservatezza dei suoi colleghi, avendo registrato e diffuso le loro conversazioni intrattenute in ambito strettamente lavorativo alla presenza del primario ed anche nei loro momenti privati svoltisi negli spogliatoi o nei locali di comune frequentazione, utilizzandole strumentalmente per una denunzia di mobbing.
Corte di Cassazione, 12 novembre 2013 n. 25392
All'interno del rapporto di lavoro subordinato, non è legittimo il rifiuto del lavoratore di eseguire la prestazione lavorativa nei modi e nei termini precisati dal datore di lavoro in forza del suo potere direttivo, quando il datore di lavoro da parte sua adempia a tutti gli obblighi derivantigli dal contratto (pagamento della retribuzione, copertura previdenziale e assicurativa etc.), essendo giustificato il rifiuto di adempiere alla propria prestazione, ex art.1 460 Cc, solo se l'altra parte sia totalmente inadempiente, e non se via sia una potenziale controversia su una non condivisa scelta organizzativa aziendale, che non può essere sindacata dal lavoratore, ovvero sull'adempimento di una sola obbligazione, soprattutto ove essa non incida (come avviene per il pagamento della retribuzione) sulle sue immediate esigenze vitali.
Corte di Cassazione, 7 novembre 2013 n. 25069
E’ legittimo il licenziamento di un impiegato che durante l'orario di lavoro usa "in continuazione" il computer dell'ufficio per giocare.
Corte di Cassazione, 5 novembre 2013 n. 24775
Il diritto della persona handicappata di non essere trasferita senza il suo consenso ad altra sede, mentre non può subire limitazioni in caso di mobilità connessa ad ordinarie esigenze tecnico-produttive dell’azienda, non è invece attuabile ove sia accertata la incompatibilità della permanenza del lavoratore nella sede di lavoro.
Corte di Cassazione, 30 ottobre 2013 n. 24534
Nel rito del lavoro il contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione implica la nullità della pronuncia, da far valere mediante impugnazione. Nel caso di mancata impugnazione, prevale il dispositivo che, acquistando pubblicità con la lettura in udienza, cristallizza stabilmente la disposizione emanata.
Corte di Cassazione, 29 ottobre 2013 n. 24342
E’ legittimo il licenziamento del dipendente di un istituto di credito che abbia negoziato assegni non trasferibili a persone diverse dai beneficiari e che abbia effettuato operazioni su saldi indisponibili senza l’autorizzazione del titolare della dipendenza della banca.
Corte di Cassazione, 23 ottobre 2013 n. 24037
Il giustificato motivo oggettivo si identifica nella generica esigenza di riduzione di personale omogeneo e fungibile, non sono utilizzabili né il normale criterio della posizione lavorativa da sopprimere in quanto non più necessaria, né il criterio della impossibilità di repechage, in quanto tutte le posizioni lavorative sono equivalenti e tutti i lavoratori sono potenzialmente licenziabili Non è vero che la scelta del dipendente (o dei dipendenti) da licenziare sia per il datore di lavoro totalmente libera” ma il datore di lavoro deve pur sempre improntare l’individuazione del soggetto (o dei soggetti) da licenziare ai principi di correttezza e buona fede, cui deve essere informato, ai sensi dell’art. 1175 cod. civ., ogni comportamento delle parti del rapporto obbligatorio e quindi anche il recesso di una di esse.
Corte di Cassazione, 15 ottobre 2013 n. 23365
E’ illegittimo il licenziamento disciplinare intimato ad un lavoratore per avere esercitato attività lavorativa mentre si trovava in malattia, se l'attività è del tutto saltuaria e compatibile con la malattia sofferta e quindi non sia pregiudicato in alcun modo il recupero delle normali attività lavorative.
Corte di Cassazione, 11 ottobre 2013 n. 23181
Il ritardo nel pagamento dei contributi assistenziali e previdenziali, relativi al periodo di tempo intercorso tra il licenziamento illegittimo e la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, comporta l'applicazione delle sanzioni civili previste dai commi 8° e 9° dell'art. 116 della legge 388 del 2000.
Corte di Cassazione, 10 ottobre 2013 n. 23172
La lentezza nell'attività lavorativa e l'insubordinazione legittimano il licenziamento del lavoratore: tale comportamento, infatti, interrompe il vincolo fiduciario con il datore di lavoro.
Corte di Cassazione, 8 ottobre 2013 n. 22869
Non può trovare accoglimento la domanda inefficacia del licenziamento e il conseguente risarcimento dei danni, se il dipendente straniero ha abbandonato il posto di lavoro per recarsi nel proprio Paese d'origine, senza la concessione delle ferie da parte dell'azienda.
Corte di Cassazione, 7 ottobre 2013 n. 22791
I comportamenti del lavoratore costituenti gravi violazioni dei doveri fondamentali (fedeltà e rispetto del patrimonio e della reputazione del datore di lavoro) sono sanzionabili con il licenziamento disciplinare a prescindere dallo loro inclusione o meno all'interno del codice disciplinare, e anche in difetto di affissione dello stesso, purché siano osservate le garanzie previste dall'art. 7, commi secondo e terzo, della legge n. 300 del 1970. Per stabilire in concreto l'esistenza di una giusta causa di licenziamento, che deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro, e in particolare di quello fiduciario, occorre valutare, da un lato, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi ed all'intensità dell'elemento intenzionale, dall'altro la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, stabilendo se la lesione dell'elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la massima sanzione disciplinare. Il giudice investito della legittimità del licenziamento deve valutare alla stregua dei parametri di cui all'art. 2119, codice civile l'effettiva gravità del comportamento stesso alla luce di tutte le circostanze del caso concreto.
Corte di Cassazione, 4 ottobre 2013 n. 22728
L'indennità di mancato preavviso di licenziamento non è esigibile nei confronti dell'impresa committente, ai sensi dell'art. 29, comma 2, del D.Lgs. n. 276 del 2003, se siffatta indennità risulta essere maturata dopo la cessazione del contratto di appalto. In una simile ipotesi, non vi è la prova dell'esistenza del nesso causale tra il recesso e l'appalto atto a giustificare l'applicabilità del regime di responsabilità solidale tra committente e appaltatore ed, infatti, tale indennità non deriva dalla prestazione lavorativa resa nell'esecuzione del contratto di appalto, bensì dall'autonoma scelta imprenditoriale dell'appaltatore, successiva alla cessazione dell'appalto, di non avvalersi più dell'attività lavorativa del dipendente, interrompendo così il rapporto in tronco.
Corte di Cassazione, 2 ottobre 2013 n. 22538
E’ illegittimo il licenziamento del dipendente assente per malattia provocata dall'azione di mobbing anche dopi il periodo di comporto.
Corte di Cassazione, 1 ottobre 2013 n. 22396
E’ legittimo il licenziamento del dipendente che abbia offeso il legale rappresentante della società dandole della “mentecatta” e “pazzoide”. All’azienda non spetta invece il risarcimento del danno all’immagine in quanto le affermazioni diffamatorie e ingiuriose sono state fatte all’interno dell’azienda, giacchè non esternate al di fuori dell’ambito aziendale, non sono difatti idonee ad incidere sulla reputazione, sul prestigio e sul buon nome della società né tanto meno a provocarne la caduta dell’immagine.
Corte di Cassazione, 9 settembre 2013 n. 20600
Coordinare un gruppo non è sufficiente per essere un dirigente
Anche l’attribuzione formale della qualifica dirigenziale da una certa data in poi è irrilevante per dedurne, sul presupposto che le mansioni siano rimaste immutate, un diritto al medesimo inquadramento per il periodo pregresso.
Corte di Cassazione, 27 febbraio 2013 n. 4859
L'eventuale attentato alla credibilità di un'impresa, attraverso dichiarazioni non veritiere, costituisce fatto idoneo a minare in radice il rapporto di fiducia ed affidamento che il datore di lavoro ha diritto di nutrire verso il proprio personale e che la inspiegabilità delle ragioni che avevano indotto il lavoratore a diffondere tali notizie non attenuava ma, anzi, aggravava la entità dell'illecito rendendo ineludibilmente compromessa la prosecuzione del rapporto.
Corte di Cassazione, 22 febbraio 2013 n. 4301
E' possibile l'adibizione a mansioni inferiori del dipendente per esigenze di servizio allorquando sia assicurato in modo prevalente ed assorbente l'espletamento di quelle concernenti la qualifica di appartenenza.
Corte di Cassazione, 20 febbraio 2013 n. 4197
E’ illegittimo il licenziamento per giusta causa in caso di abbandono del posto di lavoro qualora non ci sia alcun danno all'azienda.
Corte di Cassazione, 18 febbraio 2013 n. 3912
Per la legittimità del licenziamento intimato ad un lavoratore che patteggia la pena in relazione ad un reato di aggressione, è necessario comunque che l'azienda dimostri il venire meno del rapporto fiduciario con il lavoratore.
Corte di Cassazione, n. 3426/2013
Si configura il delitto di estorsione in presenza della condotta del datore di lavoro che, approfittando della situazione di minorata difesa del lavoratore, lo costringa ad accettare condizioni di lavoro contrarie alle leggi ed ai contratti collettivi.
Corte di Cassazione, 7 febbraio 2013 n. 2942
Secondo la disciplina di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965, applicabile per il periodo antecedente all'entrata in vigore del decreto legislativo 23 febbraio 2000 n, 38 (che, all'art. 13, ha inserito il danno biologico nella copertura assicurativa pubblica), l'indennizzo previsto in caso di infortunio sul lavoro si riferisce esclusivamente alla riduzione della capacità lavorativa e, anche in base all'interpretazione della Corte costituzionale (sentenze n. 319 del 1981, n. 87 e 356 del 1991), non comprende una quota volta a risarcire il danno biologico, atteso che la configurabilità concettuale della duplice conseguenza (patrimoniale e non patrimoniale) del danno alla persona non significa che il diritto positivo prevedesse un "danno biologico previdenziale patrimoniale.
Corte di Cassazione, 31 gennaio 2013 n. 2278
Al licenziamento che trovi giustificazione nelle assenze per malattia del lavoratore, si applicano le regole dettate dall'art. 2 della legge n. 604 del 1966 (modificato dall'art. 2 della legge n. 108 del 1990) sulla forma dell'atto e la comunicazione dei motivi del recesso, poiché nessuna norma speciale è al riguardo dettata dall'art. 2110 cod. civ. Conseguentemente, qualora l'atto di intimazione del licenziamento non precisi le assenze in base alle quali sia ritenuto superato il periodo di conservazione del posto di lavoro, il lavoratore - il quale, particolarmente nel caso di comporto per sommatoria, ha l'esigenza di poter opporre propri specifici rilievi - ha la facoltà di chiedere al datore di lavoro tale aspetto fattuale delle ragioni del licenziamento e, nel caso di non ottemperanza con le modalità di legge a tale richiesta, di dette assenze non può tenersi conto ai fini della verifica del superamento del periodo di comporto.
Corte di Cassazione, 29 gennaio 2013 n. 2033
Anche nel caso di dequalificazione il lavoratore non può rendersi totalmente inadempiente sospendendo ogni attività lavorativa, se il datore di lavoro assolva tutti i propri obblighi: pagamento della retribuzione, copertura previdenziale e assicurativa, assicurazione del posto di lavoro. L’adibizione a mansioni non rispondenti alla qualifica rivestita può, difatti, consentire al lavoratore di richiedere giudizialmente la riconduzione della prestazione nell’ambito della qualifica di appartenenza, ma non lo autorizza a rifiutarsi aprioristicamente, e senza un eventuale avallo giudiziario che, peraltro, può essergli urgentemente accordato in via cautelare, di eseguire la prestazione lavorativa richiestagli.
Corte di Cassazione, 24 gennaio 2013 n. 1693
Il rifiuto, da parte del lavoratore subordinato, di svolgere la prestazione lavorativa (ad esempio in caso di adibizione a mansioni inferiori) può essere legittimo e quindi non giustificare il licenziamento in base al principio di autotutela nel contratto a prestazioni corrispettive enunciato dall'art. 1460 cod. civ., sempre che il rifiuto sia proporzionato all'illegittimo comportamento dei datore di lavoro e conforme a buona fede.
Corte di Cassazione, 22 gennaio 2013 n. 1478
Il comportamento del lavoratore che rifiuta la prestazione, poichè a conoscenza di difetti negli impianti e nella organizzazione del lavoro relativi alle operazioni di bonifica dall'amianto, ritenuti pericolosi per la salute degli addetti a tali lavorazioni, è giustificato come reazione all'inadempimento da parte dei datore di lavoro agli obblighi nascenti dall'art. 2087 c.c.; la responsabilità dell'imprenditore ex art. 2087 c.c., pur non configurando una ipotesi di responsabilità oggettiva, non è circoscritta alla violazione di regole di esperienza o di regole tecniche preesistenti e collaudale, ma deve ritenersi volta a sanzionare, alla luce delle garanzie costituzionali del lavoratore, l'omessa predisposizione da parte del datore di lavoro di tutte quelle misure e cautele atte a preservare l'integrità psicofisica e la salute del lavoratore sul luogo di lavoro, tenuto conto della concreta realtà aziendale e della sua maggiore o minore possibilità di venire a conoscenza e di indagare sull'esistenza di fattori di rischio in un determinato momento storico; inoltre, nel caso in cui il datore di lavoro non adotti, a norma dell'art. 2087 c.c., tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica e le condizioni di salute del prestatore di lavoro, rendendosi così inadempiente ad un obbligo contrattuale, questi, oltre al risarcimento dei danni, ha in linea di principio il diritto di astenersi dalle specifiche prestazioni la cui esecuzione possa arrecare pregiudizio alla sua salute.
Corte di Cassazione, 16 gennaio 2013 n. 894
Anche se il rapporto di lavoro è terminato, l’agente di commercio ha diritto alle somme derivanti dagli acquisti effettuati dai clienti con le carte di fidelizzazione da lui vendute fino alla loro scadenza, se la durata è ragionevole.
Corte di Cassazione, 15 gennaio 2013 n. 809
In materia di indennità di maternità dovuta alle libere professioniste, l’interesse all’inserimento della prole adottiva è adeguatamente tutelato mediante l'attribuzione del beneficio ad uno soltanto dei genitori, sicché, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 385 del 2005, che ne ha esteso il godimento al padre, vige un principio di alternatività e fungibilità tra i genitori adottivi, nel senso che la percezione dell'indennità da parte dell'uno esclude il diritto dell'altro, ancorché uno dei genitori sia libero professionista e l’altro lavoratore dipendente.
Corte di Cassazione, 15 gennaio 2013 n. 802
In ogni caso la valutazione della gravità del comportamento del lavoratore, ai fini della verifica della legittimità del licenziamento per giusta causa, deve essere da quel giudice operata alla stregua della "ratio" degli artt. 2119 cod. civ. e 1 della legge 15 luglio 1966 n. 604, e cioè tenendo conto dell'incidenza del fatto commesso sul particolare rapporto fiduciario che lega le parti nel rapporto di lavoro, delle esigenze poste dall'organizzazione produttiva e delle finalità delle regole di disciplina postulate da detta organizzazione, indipendentemente dal giudizio che del medesimo fatto dovesse darsi ai fini penali, sicchè non incorre in vizio di contraddittorietà la sentenza che affermi la legittimità del recesso nonostante l'assoluzione del lavoratore in sede penale per le medesime vicende addotte dal suo datore di lavoro a giustificazione dell'immediata risoluzione del rapporto.
Corte di Cassazione, 11 gennaio 2013 n. 579
E' affidato alla libera iniziativa imprenditoriale l'eventuale cambiamento dell'organizzazione lavorativa, che implichi anche una riduzione della forza lavoro, al fine di ottenere il migliore risultato economico. Il motivo oggettivo di licenziamento determinato da ragioni inerenti all'attività produttiva deve essere valutato dal datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell'impresa, poiché tale scelta è espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall'art. 41 Cost.. Al giudice spetta invece il controllo della reale sussistenza del motivo addotto dall'imprenditore, attraverso un apprezzamento delle prove che è incensurabile in sede di legittimità se effettuato con motivazione coerente e completa.
Corte di Cassazione, 10 gennaio 2013 n. 536
In tema di azione di regresso, la responsabilità del datore di lavoro per la mancata adozione delle misure di sicurezza è esclusa nel caso di dolo o di rischio elettivo dell'infortunato ovvero quando sono presenti nella condotta del medesimo i caratteri della abnormità e della assoluta imprevedibilità, mentre l'eventuale concorso di colpa del lavoratore, dovuta a negligenza, imprudenza o imperizia, non assume alcun valore esimente per l'imprenditore.
Corte di Cassazione, 8 gennaio 2013 n. 212
La previsione della risoluzione del patto di non concorrenza rimessa all’arbitrio del datore di lavoro concreta una clausola nulla per contrasto con norme imperative. Non può essere “attribuito al datore di lavoro il potere di incidere unilateralmente sulla durata temporale del vincolo, così vanificando la previsione della fissazion di un termine certo”, dall’altra, non può prevedersi neppure che l’attribuzione patrimoniale pattuita possa essere caducata dalla volontà del datore di lavoro:la graveed eccezionale limitazione alla libertà di impiego delle energie lavorative risulta compatibile soltanto con un vincolo stabile, che si presume accettato dal lavoratore all’esito di una valutazione della sua convenienza, sulla quale fonda determinate programmazioni della sua attività dopo la cessazione del rapporto.
Corte di Cassazione, 8 gennaio 2013 n. 206
Il combinato disposto dall'art. 653 c.p.p. come modificato dall'art.1, L. n. 97 del 2001, e dell'art. 530 c.p.p., non preclude al datore di lavoro la possibilità di valutare in maniera autonoma rispetto all'accertamento penale, la idoneità dei fatti contestati ad integrare gli estremi della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento, sulla base di elementi soggettivi ed oggettivi scaturenti dalle prove raccolte nel giudizio penale, la colpevolezza del dipendente, la incidenza dei detti fatti sul rapporto fiduciario.
Corte di Cassazione, 2 gennaio 2013 n. 6
Il giustificato motivo oggettivo di licenziamento determinato da ragioni tecniche, organizzative e produttive è rimesso alla valutazione del datore di lavoro senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell'impresa, espressione della libertà di inziativa econonmica tutelata dall'art. 41 Cost. Pertanto spetta al giudice il controllo in ordine all'effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro e l'onere probatorio grava per intero sul datore di lavoro, che deve dare prova anche dell'impossibilità di una differente utilizzazione del lavoratore in mansioni diverse da quelle precedentemente svolte, onere che può essere assolto anche mediante il ricorso a risultanze di natura presuntiva ed indiziaria, mentre il lavoratore ha comunque un onere di deduzione e di allegazione di tale possibilità di reimpiego.
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